Wojtyla shock: “La Tiburtina o nulla” le sue ultime volontà

Il cardinale Lozano Barragán e la morte di GiaNpaolo Wojtyla: rifiutò l’accanimento terapeutico.

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Karol Wojtyla
MILANO (ma anche no) — Accanimento terapeutico, testamento biologico, eutanasia o tressetti alla meno?

Cardinale Javier Lozano Barragán che ne pensa?
No
all’accanimento terapeutico, sempre che si definisca quali sono le cure
sproporzionate. No netto all’eutanasia…  E, ovviamente, al tressette a pelino
(quello a due, ndr).

E il testamento biologico?
“Se vuol dire rinunciare all’accanimento terapeutico in quanto tale, non ho obiezioni morali, anzi, sa che le dico: m’iNporta una ricca sega.
Ma nella pratica bisogna prendere in considerazione tante condizioni.
Non dev’essere un pretesto per l’eutanasia, si deve poter cambiare
decisione nel corso della vita, ci dev’essere un fiduciario superpartes
(come un notaio per esempio), oppure potremmo consultare un aruspice"
.

Il cardinale Lozano


Ma chi decide i confini dell’accanimento? Sono questioni troppo
difficili da risolvere concretamente ed è per questo che la Conferenza
episcopale italiana (la Cei, ndr) si è espressa contro. Lei condivide
questa posizione o si adegua? Il cardinale sorride, si scaccola e
replica: “Domanda di merda… ehm, volevo dire furba e intelligente. Io mi attengo alla posizione della Cei, perché ci sono molti nodi ancora da sciogliere".

Il cardinale Lozano Barragán è a Milano per
partecipare al convegno sull’eutanasia in oncologia organizzato
dall’Istituto Nazionale dei Tumori. È il presidente del Pontificio consiglio per gli Operatori sanitari (per la Pastorale della Salute). Tradotto: il ministro della Salute del Vaticano. È arcivescovo di Zacatecas (Messico), ha 74 anni. Sudamericano?

"Nordamericano, gringo de mierda que eres…", mugola tastandosi la patta rigonfia.
Cardinale, ma nel caso di papa Karol Wojtyla, chi ha deciso di non portarlo al Policlinico Gemelli quel 30 marzo 2005 (Giovanni Paolo II è morto la sera del 2 aprile 2005, ndr)?

“Lui.Chiese: ‘Se mi portate al Gemelli avete modo di guarirmi?’.
La risposta fu ‘No, ma potremmo eseguire un po’ di esperimenti
sull’utilizzo dell’amianto’. Allora replicò: ‘Resto qui, mi affido a Dio’, ed è stata, lo confesso, una delle battute più irresistibili che abbia mai sentito, ancora mi viene da ridere…”
.

Cardinale, ma allora cosa consiglia per i malati intenzionati a rifiutare l’accanimento terapeutico: “La mia posizione? Beh, semplice: che si facciano eleggere papa e poi facciano come cazzo credono…”.
E se ne va, due baNbini appena scelti per la mano, strizzando l’occhio.

Nella foto: il Cardinale Lozano posa per la rivista Preti d’oggigiorno

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Faccia a terra, pèori! è tornato il Signor Dio


Pare
che si sia rifatto vivo il signor Dio, legittimo proprietario
dell’azienda, che non si manifestava dai tempi della Breccia di Porta
Pia.

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ratzinger.jpgPare che si sia rifatto vivo il signor Dio, legittimo proprietario dell’azienda, che non si manifestava nel Cda di ChiesaTM Inc. dai tempi della Breccia di Porta Pia (quando s’udì in tutta l’Urbe la sua voce tonante “matonnaleta, o che è questo casino? c’è gente che dorme”).

La ragione del suo intervento nel Cda risiederebbe nella sua
insoddisfazione per come i manager dell’azienda starebbero gestendo la
questione dei Dico (o Pacs, o come cazzo si chiamano). Pare infatti che
il suddetto signor DioTM (in persona) sia
intervenuto nella riunione del Cda demandata a trovare una definizione,
da usare come cavallo di battaglia nella lotta contro i matrimoni
falsi: proprio mentre era in atto una feroce discussione tra il sempre
arzillo geometra Ruini Camillo, che propendeva per “matrimonio di finocchi” e l’amministratore delegato, il famoso stilista Ratzinger Joseph,
che, fortemente adirato e trovando la definizione offensiva per la sua
persona, minacciava le dimissioni, non senza aver intascato una lauta
buonuscita. Proprio nel momento in cui l’indemoniato Ruini
stava andandosene via, sbattendo la porta e mormorando “culorotto che
non sei altro”, sarebbe da collocare l’apparizione del sior padrùn
(Dio, insomma).

Queste le sue enigmatiche parole: “ora m’avreste anche rotto
i coglioni, cari pretacci. O la volete smettere di occuparvi di cose
che non vi competono? O che ve ne frega a voi se la gente si sposa o no
e come si sposa? O saranno un po’ cazzacci loro, Argo!
[n.d.r. Argo è il cane di Dio, quando Dio è adirato lo nomina sempre] Come ve lo devo dire? Voi dovete occuparvi solo di sesso e sessualità, Argo! Insomma, di culi, seghe, e pompini, cane di Dio! [n.d.r. Dio, alle volte, usa delle circonlocuzioni per nominare il suo amichetto a 4 zampe] Capito, razza di bifolchi?”. E dopo aver pronunciato queste parole, come d’abitudine criptiche ed enigmatiche,
si sarebbe volatilizzato, lasciando solo un forte odore di zolfo ed un
documento, subito posto all’ordine del giorno dagli spaventatissimi
manager, contenente i seguenti dettami:

  1. Prima di trombare, pulirsi bene gli orifizi (topa et culo)
  2. Seghe col dito in culo: punizione doppia
  3. Sesso con animali: va bene ma solo dopo tanta astinenza (o se sei il marito di Angela Bottiglione)
  4. Bere sperma è permesso, ma solo durante la prima notte di nozze
  5. Lo può bere soltanto la sposa, lo sposo berrà spuma bionda
  6. Piponculo nel bimbino può solo il PreteTM
  7. Aggiunta alle posizioni consentite (missionario, pecorella smarrita, acquedotto) di un’ulteriore posizione: la Valsugana
    (lui che la tromba cingendole i fianchi, davanti alla cucina economica
    e lei che, con un mestolo in culo, gira la polenta).

Sia fatta la sua Volontà. Amen®

 


Nel fratteNpo:

– Hai visto, amore mio, che non ci ha
scoperto neanche questa volta?

– Sì, però che paura ciò avuto…
tienimi la manima, Sepp.


 

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Suore manesche: chiuso il monastero di clausura di Bisceglie

“Impossibile
garantire un sereno prosieguo della vita monastica”, e le religiose
sono state trasferite in un altro convento. Rimasta solo la superiora:
la sua nomina era stata contestata dalle altre

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Suore arrabbiate

Bisceglie (o Nuova Iòrc) – La crisi delle vocazioni non c’entra. È pur vero che le suore
sono ormai una rarità: in assenza di problemi economici, però, se un
monastero di clausura chiude, il motivo deve essere sicuramente un
altro. Almeno a Bisceglie. Poche, appena tre, litigiose e manesche oltre misura (quasi come il goNpagno Bladimiro) le monache del convento Santa Chiara. E così il vescovo di Trani, Giovan Battista Pichierri detto El loco,
usa le maniere forti. Con un decreto decide: "Niente più celebrazione
della santa messa e ritiro immediato dell’Eucarestia dalla cappella del
monastero. E niente fraticelli giovini per le confessioni!!!".

 

L’avviso è pubblico, oltre che perentorio, e porta la data del
30 agosto. I fedeli mormorano e chiedono spiegazioni. "Che minchia
succede là dentro?". Le voci si inseguono per tutta l’estate, il
mistero diventa sempre più fitto, nessuno che sappia rispondere.
L’unica nota ufficiale è del 27 settembre, a firma del cancelliere
arcivescovile monsignor Giuseppe “Gabriel Pontello” Asciano che, fra le altre cose, di una vita comunitaria che negli ultimi tempi si è fatta difficile, soprattutto dopo la morte di madre Candida (nome
di fantasia, tratto dalla malattia venerea che la sorella è usa
attaccare ai di lei confessori, ndr) e il decesso (a suon di cazzotti) di suor Agnese.

"Alla evidente mancanza di vocazioni", scrive il prelato, "si
aggiunga una non facile convivenza fra le monache presenti in
monastero". Motivo per il quale, è spiegato nella nota, sono venute
meno le ragioni per cui l’autorità costituita potesse conservare la
celebrazione della santa messa quotidiana e la presenza della
Eucaristia sulla cappella del vescovo. Risultato: due monache, suor Annamaria e suor Gianbattista (nome vero, anche se preferisce farsi chiamare Piergiorgio), sono state fatte tornare nelle famiglie di origine per decisione del vescovo. E la madre superiora suor Liliana è
rimasta da sola nel convento, decisa a tutto pur di non lasciare la
struttura da lei fondata nel 1963. “Di qui non mi ci levano neppure con
la celere! Sono io la caNpionessa in carica!”, il suo commento a una
nostra domanda, dopo la quale tenta ripetutamente di incrinarci le
costole con un grosso bastone ferrato.

Che cosa è successo di così grave nel convento di clausura? Da noi interpellata, suor Liliana rispetta la regola del silenzio: “Col cazzo che ve lo dico. Gratis, per giunta”. E sostiene che dietro la decisione del vescovo Pichierri (che le chiama espressamente “Zietta”) ci sarebbe la volontà della diocesi di entrare in possesso della struttura con annessa una scuola materna. "E presto scriverò al Santo padre".

I fedeli si stringono attorno a lei e la descrivono come una donna
"stanca e provata". Secondo alcune indiscrezioni, confermate però da un
carteggio riservato tra il vescovo e il monastero, l’episodio
incriminato è avvenuto a metà luglio. Tra le tre anziane monache di
clausura rimaste nel convento sarebbero volate parole grosse: qualcuno
sottovoce parla addirittura di spintoni, diti nell’occhi, calci nelli stinchi e guttalax nel vin santo, riportando
che suor Liliana sarebbe addirittura finita in ospedale. I motivi
precisi non si conoscono. Si racconta soltanto di forti tensioni
nell’abbazia dopo la morte di suor Candida, forse legati alla sua successione.

 

Insomma, tra le monache non doveva correre buon sangue. E così,
"dopo attenta e ponderata riflessione", scrivono dalla diocesi, "si è
pervenuti alla decisione di chiedere al goNpagno Bladimiro di intervenire, riconoscendogli le innate doti di paciere e, soprattutto, di fava lunga oltre l’immaginabile". Non è dato sapere se il tentativo andrà a buon fine, ben sapendo che il Plenipotenziario del PGMI e faro della Causa Invincibile, oltre a essere capriccioso come un alveare sotto attacco, odia parimenti pinguini, suore e aceto balsamico,
a causa di alcuni eventi alquanto oscuri della propria leggendaria
biografia che lo hanno visto coinvolto in non meglio precisati brutti
casi di iNbalsamazione di nani e sorelle di clausura.

Foto: Le Suore durante la conferenza staNpa.

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